nedjelja, 25. studenoga 2012.

PIRANDELLO, Luigi - "Crna marama" ("Scialle nero")

Scialle nero
I
- Aspetta qua, - disse il Bandi al D’Andrea. - Vado a prevenirla. Se s’ostina ancora, entrerai per forza.
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Crni šal
I
- Čekaj ovdje, - rekao je Pozivi D'Andrea. - Idem da ga spriječi. Ako s'ostina opet dođete na vlast.
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Crna marama
I
- Sačekaj ovdje - reče Bandi D'Andrei. - Idem je pripremiti. Ukoliko se i dalje bude opirala, uđi na silu.
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Miopi tutti e due, parlavano vicinissimi, in piedi, l’uno di fronte all’altro. Parevano fratelli, della stessa età, della stessa corporatura: alti, magri, rigidi, di quella rigidezza angustiosa di chi fa tutto a puntino, con meticolosità. -----
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Kratkovidni i govorio vrlo blizu, stoji, okrenuti jedni prema drugima. Izgledali su poput braće, iste starosti, istog graditi: visoka, tanka, čvrsta, rigidnost angustiosa koji čini sve do savršenstva, s puno ljubavi skrbi. -----
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Obojica su bili kratkovidni i stajali su, dok su razgovarali, licima vrlo blizu jedan drugom. Izgledali su poput braće, iste starosti, iste građe: visoki, mršavi, ukočeni, ispunjeni onom nelagodnom ukočenošću ljudi koji sve što rade, rade savršeno i pedantno.
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----- Ed era raro il caso che, parlando così tra loro, l’uno non aggiustasse all’altro col dito il sellino delle lenti sul naso, o il nodo della cravatta sotto il mento, oppure, non trovando nulla da aggiustare, non toccasse all’altro i bottoni della giacca. Parlavano, del resto, pochissimo. E la tristezza taciturna della loro indole si mostrava chiaramente nello squallore dei volti.
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----- Bilo je neobično za govorenje tako između njih, drugi ne aggiustasse s prstom sjedište leće na nos, i njegovu kravatu ispod brade, ili, našavši se popraviti , nije dirati druge gumbe jaknu. Oni su govorili, što se toga tiče, vrlo malo. I tuga njihove zatvorenu prirodi se pokazao u bijedi od lica.
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Cresciuti insieme, avevano studiato ajutandosi a vicenda fino all’Università, dove poi l’uno s’era laureato in legge, l’altro in medicina. Divisi ora, durante il giorno, dalle diverse professioni, sul tramonto facevano ancora insieme quotidianamente la loro passeggiata lungo il viale all’uscita del paese.

Si conoscevano così a fondo, che bastava un lieve cenno, uno sguardo, una parola, perché l’uno comprendesse subito il pensiero dell’altro. Dimodoché quella loro passeggiata principiava ogni volta con un breve scambio di frasi e seguitavano poi in silenzio, come se l’uno avesse dato all’altro da ruminare per un pezzo. E andavano a testa bassa, come due cavalli stanchi; entrambi con le mani dietro la schiena. A nessuno dei due veniva mai la tentazione di volgere un po’ il capo verso la ringhiera del viale per godere la vista dell’aperta campagna sottostante, svariata di poggi e di valli e di piani, col mare in fondo, che s’accendeva tutto agli ultimi fuochi del tramonto: vista di tanta bellezza, che pareva perfino incredibile che quei due vi potessero passar davanti così, senza neppure voltarsi a guardare.

Giorni addietro il Bandi aveva detto al D’Andrea:

- Eleonora non sta bene.

Il D’Andrea aveva guardato negli occhi l’amico e compreso che il male della sorella doveva esser lieve:

- Vuoi che venga a visitarla?

- Dice di no.

E tutti e due, passeggiando, s’erano messi a pensare con le ciglia aggrottate, quasi per rancore, a quella donna che aveva fatto loro da madre e a cui dovevano tutto.

Il D’Andrea aveva perduto da ragazzo i genitori ed era stato accolto in casa d’uno zio, che non avrebbe potuto in alcun modo provvedere alla riuscita di lui. Eleonora Bandi, rimasta orfana anch’essa a diciotto anni col fratello molto più piccolo di lei, industriandosi dapprima con minute e sagge economie su quel po’ che le avevano lasciato i genitori, poi lavorando, dando lezioni di pianoforte e di canto, aveva potuto mantenere agli studii il fratello, e anche l’amico indivisibile di lui.

- In compenso però, - soleva dire ridendo ai due giovani - mi son presa tutta la carne che manca a voi due.

Era infatti un donnone che non finiva mai; ma aveva tuttavia dolcissimi i lineamenti del volto, e l’aria ispirata di quegli angeloni di marmo che si vedono nelle chiese, con le tuniche svolazzanti. E lo sguardo dei begli occhi neri, che le lunghe ciglia quasi vellutavano, e il suono della voce armoniosa pareva volessero anch’essi attenuare, con un certo studio che le dava pena, l’impressione d’alterigia che quel suo corpo così grande poteva destare sulle prime; e ne sorrideva mestamente.

Sonava e cantava, forse non molto correttamente ma con foga appassionata. Se non fosse nata e cresciuta fra i pregiudizii d’una piccola città e non avesse avuto l’impedimento di quel fratellino, si sarebbe forse avventurata alla vita di teatro. Era stato quello, un tempo, il suo sogno; nient’altro che un sogno però. Aveva ormai circa quarant’anni. La considerazione, del resto, di cui godeva in paese per quelle sue doti artistiche la compensavano, almeno in parte, del sogno fallito, e la soddisfazione d’averne invece attuato un altro, quello cioè d’avere schiuso col proprio lavoro l’avvenire a due poveri orfani, la compensavano del lungo sacrifizio di se stessa.

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